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Guerra alla plastica

Il presente articolo é stato pubblicato sul giornale italiano Il Manifesto il giorno 25 febbraio 2009
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È un fine settimana qualunque a Città del Messico. Il giorno migliore per andare al supermercato a fare la spesa per la settimana. Dall’ipermercato escono ogni minuto 23 famiglie con i loro acquisti conservati nelle loro 184 borse di plastica. Da quel momento in poi, il futuro di quelle borse di plastica si affida al destino. O alla volontà di chi ne è diventato possessore. Perché, spiegano gli specialisti del Ministero dell’Ambiente della capitale messicana, effettivamente non esiste alcun piano di smaltimento di questo tipo di rifiuti. E le conseguenze stanno rapidamente trasformandosi in un emergenza. Almeno questo è ciò che segnalano i sondaggi e gli studi scientifici commissionati ad hoc. Secondo recenti studi di Greenpeace e dell’Agenzia di Protezione Ambientale degli Usa, nel mondo ogni persona consuma 6 borse di plastica al giorno. I sacchetti vengono per altro usati solo per una media di 12 minuti. Di questa quantità solo l’1% si ricicla.
In Messico, invece, secondo la Commissione Ambiente del senato, si consumano attorno ai due milioni di borse al giorno. Una cifra che spaventa il governo locale, ma che lascia indifferenti i responsabili del settore a livello federale.
Se infatti il governo, attraverso il rispettivo Ministero, segnala che «il problema è grave perché occlude gli scarichi dell’acqua e provoca inondazioni durante la stagione delle piogge», i secondi minimizzano e spiegano che le borse di plastica «costituiscono appena l’1% dei rifiuti di tutto il paese». Ed in effetti, i dati del Ministero federale parlano chiaro: dei 135 milioni di rifiuti che ogni anno il Messico produce, solo 107mila sarebbero buste di plastica. Eppure, altre statistiche dello stesso dicastero ma presentate separatamente, contraddicono la versione ufficiale: in Messico si producono poco più di 390mila tonnellate di borse di plastica, vi è dunque un ammanco di oltre 200mila tonnellate. Sarà anche vero che, come dimostrano i sondaggi, i messicani riutilizzano sino al limite massimo le borse di plastica, ma la differenza tra rifiuti calcolati e rifiuti potenziali è davvero enorme.
Quel che non si dice, invece, è che la produzione di tale quantità di borse di plastica genera un profitto di oltre 350 milioni di dollari all’anno. Una cifra niente male soprattutto se si considera che in Messico sono solo 25 le imprese che si dedicano alla produzione di buste di plastica. A rivendicarlo è l’Associazione Nazionale dell’Industria della Plastica (Anipac), la quale sostiene non solo che l’inquinamento prodotto dalle borse è minimo, ma che «sarebbe sconveniente legiferare per ridurne l’uso». La realtà invece sembra dimostrare che l’emergenza esiste davvero e va affrontata. Questa infatti sembra essere l’intenzione del governo di Città del Messico, che avrebbe messo allo studio una proposta di legge per indurre i grandi distributori di questo temibile agente inquinante a ridurne l’uso. Come? Imponendo una tassa sulle borse che le grandi catene distribuiscono sino a oggi gratuitamente. I dati infatti dimostrano anche che oltre il 30% di questo prodotto è messo in circolo proprio dalle 38 catene di supermercati, il resto da gli altri negozi. L’idea, spiegano i funzionari del governo locale, è quello di promuovere l’uso di borse riciclabili.
Son diventati ambientalisti nel governo della capitale? Forse. O forse solo stanno dietro ai sondaggi, anche loro. Questi infatti dimostrerebbero che oltre la metà dei cittadini della capitale vorrebbe ricevere borse di carta al supermercato e oltre il 90% considera questo un serio problema ambientale.

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